Quali sono le fasi di una psicoterapia?
In linea di massima, la terapia psicologica si presenta come un lavoro trasversale, perché composto da più dimensioni, e non lineare, in quanto, sebbene l’obiettivo debba essere il raggiungimento di un certo scopo concordato con il paziente, il percorso per raggiungerlo è fatto di momenti. Come nella visione di una videocassetta, si potrebbe procedere a diversa velocità, e di tanto in tanto, avere il bisogno di tornare indietro per recuperare qualcosa.
Allo stesso tempo, un percorso psicologico, in base alle esigenze del momento presente della terapia, può cambiare punto focale e prospettiva optando per un lavoro “orizzontale” quando si agisce sul tempo presente o “verticale” quando si fa riferimento alla storia di vita del paziente.
Percorso psicologico orizzontale
In questo caso, la terapia psicologica si concentra su ciò che accade nel “qui ed ora” e si orienta sulla stabilizzazione dell’eventuale sintomo.
Tale stabilizzazione può avvalersi di diversi strumenti operativi a disposizione nella cassetta degli attrezzi dello psicologo terapeuta:
- la mindfulness,
- la regolazione del respiro,
- il grounding,
- gli esercizi di rilassamento e di orientamento,
- il training autogeno.
In questa fase, l’obiettivo è la regolazione degli stati corporei del paziente che, con il tempo, impara a far sua quella stessa cassetta del terapeuta in modo tale da portare nella vita quotidiana ciò che fa con il professionista all’interno della seduta. La stabilizzazione del sintomo diventa quindi il modo per rientrare nella propria finestra di tolleranza e fa da apri strada alle fasi successive della terapia.
Di fatti, una fase seguente, potrebbe essere quella di imparare a osservare gli stati d’attivazione, diventare curiosi osservatori di sé stessi, imparando a guardare il meccanismo, cosa cioè accade nel momento più “critico” e persino, quali sono i trigger detonatori che lo provocano; tuttavia, per poter far questo, è necessario che il paziente sia, almeno parzialmente, nella suddetta finestra di tolleranza in modo tale da agevolare il cambiamento di prospettiva che gli consentirebbe di osservare dall’esterno il meccanismo, mentre lo vive.
Percorso psicologico verticale
Un successivo step, potrebbe configurarsi come rintracciare i significati retrostanti non solo la sintomatologia del paziente, ma più in generale, il modo in cui egli da senso e significato al mondo, alla propria storia personale e, di conseguenza, anche alla propria sofferenza. Questa parte della terapia, che nella su scritta divisione considero più “verticale”, implica un accesso alle memorie autobiografiche e consente di lavorare sulla vulnerabilità storica che ha indotto la persona a incorrere nel suo percorso di vita verso un certo tipo di disturbo piuttosto che un altro, con l’obiettivo di ricostruire e restituire capacità di autodeterminazione alla persona.
Conclusioni
Questo articolo ha l’intento di riassumere alcuni punti esemplificativi di ciò che si può fare in una terapia psicologica, ma non esaurisce in toto tutti gli aspetti del trattamento.
Inoltre, gli aspetti qui trattati, sono in linea con un approccio cognitivo evoluzionista e cognitivo costruttivista, facenti parte del mio modo di lavorare e della mia formazione integrata, cognitivo comportamentale. In questo contesto, la finalità è semplicemente quella di far comprendere come la terapia sia un lavoro versatile, modulabile in base alle esigenze, e come tutto nasca da proposte psico terapeutiche che vengono di volta in volta concordate col paziente, che in alcun modo è costretto a parlare di ciò che non vuole o ad affrontare tematiche contro la volontà del momento presente.
Pamela Pipoli, Psicologa Torino e online