Quali sono le caratteristiche di una dipendenza affettiva?
La dipendenza affettiva può essere considerata come un modello che la persona ha acquisito molto probabilmente per evitare di avere a che fare con altre spinose questioni, sempre dolorose ma di natura più personale. Ed è così che, al di là dell’irriducibile soggettiva di ciascun individuo, il dipendente affettivo potrebbe pensare di aver finalmente trovato nell’altro “una soluzione”, ossia quella persona capace di poter mettere in ombra o, nella migliore delle ipotesi completamente oscurare, i problemi che gli provocano altro tipo di sofferenza.
In questo caso, diventa come poter scegliere tra due tipi di dolore: uno nel quale ci si potrebbe sentire completamente in balia e senza strumenti, ed un altro nel quale avvertendo la compensazione positiva data dai momenti in cui “si sta bene con l’altro”, si finisce col pensare che infondo i “momenti difficili” non sono poi così critici, sminuendo cosa accade o svalutandone le conseguenze.
A quanto appena detto, si può aggiungere una certa misura di idealizzazione del partner a scapito di una bassa autostima nei propri confronti.
Come nasce una relazione di dipendenza affettiva?
Chiarire quali sono i presupposti di una relazione di dipendenza è una questione assai ostica. Una situazione di dipendenza affettiva quasi mai è messa in atto da uno dei due singoli individui consapevolmente ma, più facilmente, si sviluppa concausa caratteristiche sia dell’uno che dell’altro partner che, in modo co-dipendente, pongono le basi di un terreno fertile affinché questo avvenga; ciò succede anche quando a sentirne il peso è maggiormente uno dei due all’interno della coppia.
Quando si vive in una dimensione sentimentale o di vicinanza con un altro significativo è molto complesso mantenere confini individuali saldi senza farsi condizionare, soprattutto quando tali modalità risuonano in noi dicendoci qualcosa sulla nostra storia e sul nostro modo di funzionare nelle relazioni. Per far sì che questo succeda è già solo sufficiente che certe modalità abbiano rappresentato qualcosa nella nostra vita e che quindi ci portino a riprodurre vecchi schemi verso i quali, con molta probabilità, siamo stati già esposti in passato o nella nostra famiglia d’origine. È più facile avvertire un senso di “appartenenza” dove si ha un certo sentore di famigliarità con quello che sta accadendo.
Di conseguenza, può capitare di ritrovarsi in vecchi circuiti che hanno a che fare con dinamiche che abbiamo visto mettere in scena quando eravamo bambini tra le mure di casa; altre volte, siamo stati noi stessi a fare una “selezione adattiva” di quei comportamenti cui abbiamo fatto già esperienza funzionare, per mantenere la prossimità con qualcuno. Altre volte ancora, cadiamo in certi circuiti, mentre cerchiamo di allontanarci da altri. Anche in questo caso, è irriducibile la componente soggettiva della situazione.
Quali sono i meccanismi di una dipendenza affettiva in una relazione?
In una fase iniziale di conoscenza, gli individui possono mostrare, insieme alla voglia di condividere sempre più tempo ed esperienze assieme: euforia, estasi, brama, salienti momenti emotivi di eccitazione; tutti aspetti riconducibili al rilascio di un ingente quantità di dopamina che, esattamente come funziona per le droghe, coinvolge le aree del “sistema ricompensa” del cervello, cioè quelle deputate alla gratificazione immediata. Come per tutte le altre sostanze però, esiste il rovescio della medaglia, riconducibile a quella spiacevole sensazione di astinenza che nel caso delle relazioni umani, non risiede in una specifica dose, ma piuttosto nella vicinanza con il soggetto del desiderio e con tutto ciò che ne comporta: sintonia, approvazione, regolazione etc.
Diciamo subito che fino a un certo punto, tale fenomeno è evolutivamente normale perché fisiologicamente determinato e insito nel nostro comportamento sociale. Fino a che sussistono altri ingredienti come:
- la reciprocità,
- la cooperazione,
- il proprio e l’altrui riconoscimento dei bisogni
- una relazione simmetrica nei ruoli
- definiti confini
non c’è motivo di preoccupazione perché l’equilibrio del sistema si alimenta nel suo reciproco scambio tra le parti.
Quando invece, subentrano durante un momento di rottura o di allontanamento, sintomi come il craving, l’aumento esponenziale di emozioni negative sino alla disperazione e la colpa, una mancanza di consapevolezza circa la constatazione di ciò che sta succedendo, la tendenza a mettere i bisogni emotivi e materiali dell’altro avanti ai propri che vengono sempre meno avvertiti e considerati, allora ci si sta sempre più spostando verso un assetto di dipendenza negativa. Per approfondimenti puoi leggere l’articolo scientifico pubblicato su PubMed (in lingua inglese) dal titolo: “Amore intenso, appassionato e romantico: una dipendenza naturale? Come i campi che indagano sul romanticismo e sull’abuso di sostanze possono informarsi a vicenda”
Come si riconosce una relazione di dipendenza maltrattante?
Nelle situazioni dove viene a mancare un equilibrio paritetico nella coppia, dato anche dalla comorbidità di situazioni – dalla disparità delle posizioni (anche economiche o riguardanti reti alternative sociali e relazionali) alle predisposizioni dei soggetti coinvolti (molto comunemente scambiate come: temperamentali e caratteriali) – con più facilità potrebbero subentrare maltrattamenti morali o fisici insieme a minacce abbandoniche che aumentano l’angoscia della perdita.
Quando si è già in un circuito di dipendenza, le persone coinvolte, con molta probabilità, tenteranno di ripristinare il contesto esattamente a com’era prima; quindi, si comporteranno in un certo modo per ristabilire la situazione a quella fase precedente comunemente chiamata “luna di miele”. Sono proprio queste fasi piacevoli e intermedie, a portare la persona a credere che infondo tale relazione ha anche i suoi pregi e non è poi “così male”; fino alla crisi successiva dove applicando sempre lo stesso meccanismo si avrà la conferma che modificando ancora una volta il proprio comportamento si può ristabilire l’armonia riattivando di nuovo il “sistema di ricompensa”. Quindi si riuserà ancora e ancora la medesima condotta affinando l’approccio e il metodo e finendo per credere di avere anche una corresponsabilità e un controllo nelle circostanze che accadono potendo in qualche modo “prevedere” e “prevenire” le risposte dell’altro. È così che si presenta il meccanismo.
Importante: non è raro, che nelle fasi di riavvicinamento, i partner maltrattanti assumano atteggiamenti diametralmente opposti a quelli aventi duranti i momenti di rifiuto, proprio per aumentare nell’altro la motivazione a ricercarne la vicinanza quando questa viene a mancare!!!
DOMANDE E RISPOSTE
- Domanda:
in fondo, poi, perché non sperare che quelle fasi di “luna di miele” che anticipano o seguono un momento di crisi, non possano diventare la regola e non un’eccezione?
Risposta:
difficilmente uno schema può cambiare così radicalmente i suoi connotati se si basa su altri bisogni del singolo individuo che ostacolano quelli della coppia.
- Domanda:
e se quella “magia” che ha il partner, in alcuni momenti, di sanare le mie ferite un giorno diventi lo status quo delle cose? perché dovrei rinunciare a qualcosa che almeno un po’ a volte mi fa stare anche bene?
Risposta:
quante altre volte ti sei già trovato nella posizione di rifarti questa domanda sperando che intervenendo su alcune variabili, potesse cambiare lo scenario?
- Domanda:
e se preferissi così perché non vedo altre possibili alternative?
Risposta:
e se ti dicessi che stai scegliendo una strada in cui metti in mano la tua regolazione emotiva ed il tuo benessere ad un’altra persona invece ce ne fosse un’altra dove quest’ultimi dipendessero da te e non fossero più alla mercè di nessun altro a parte te?