Che cos’è la terapia psicologica

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Con la terapia psicologica, in un ambiente protetto, la persona porta se stessa, mentre lo psicologo modella il setting terapeutico di volta in volta in vari contesti in base all’occorrenza:

  • può diventare un cinema dove guardare in moviola, da dietro uno schermo, ciò che è successo con la sicurezza di aver accanto a sé qualcuno con cui poter elaborare quello che emerge;
  • può rappresentare una palestra dove professionista e paziente mettono in campo dinamiche relazionali al fine di rendere quest’ultimo consapevole delle sue modalità in un contesto sicuro;
  • può essere un laboratorio in cui si sperimentano nuove strategie di adattamento più funzionali alle situazioni;
  • può identificarsi con un’infermeria dove si ci occupa con pronto intervento delle proprie ferite;
  • può raffigurare queste e molte altre cose ancora.

Cosa si fa in un percorso psicologico?

Praticare la psicoterapia, non significa fare qualcosa al soggetto, né convincerlo a fare qualcosa per sé; si tratta invece di liberarlo perché possa crescere e svilupparsi in modo normale, e di rimuovere ostacoli in modo che possa andare avanti”. Cit. Carl Rogers

Uno dei primi obiettivi terapeutici è quello di creare una situazione di sicurezza all’interno del quale il paziente possa sentirsi libero di esprimersi e portare tutte le sue parti, anche quelle più scomode.

Sostegno e supporto rimangono gli aspetti trasversali tutto il processo terapeutico, mentre focus possono diventare sintomi da regolare e stabilizzare insieme alla promozione di un funzionamento globale più efficiente che costituisca una risorsa per il paziente e lo protegga da eventuali ricadute.

Esplorando insieme i significati personali, accedendo a memorie autobiografiche e attribuendo senso ai propri vissuti, si potrebbe scoprire come quelle espressioni sintomatiche, siano anche il frutto di arcaiche strategie che in principio nascevano con l’intento di difendere la persona da vecchie ferite. Un tempo strategiche e protettive, oggi ricorsive e deleterie soprattutto perché disfunzionali, i sintomi continuano a comportarsi come se la persona viva ancora in quel “lì e allora” mentre si trascinano nel “qui ed ora”. In quest’ottica, si possono ricostruire e riordinare i tasselli del puzzle dandosi la possibilità di trovare un senso a ciò che è stato, ricollocando nella propria storia di vita tutti i frammenti, al posto cui appartengono. Così facendo la terapia diventa anche un posto in cui ci si muove nel presente, per ordinare il passato e fare spazio al futuro.

Psicologa Pamela Pipoli, Torino