Perchè si soffre d’ansia?

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Soffrire di disturbi d’ansia

“Perchè soffro di ansia? “

La risposta non è unica. Diversi possono essere i fattori scatenanti. Livelli significativi di ansia non sono avvertiti solo da persone predisposte ad intercettarla nella propria vita. Molto spesso mi è capitato di entrare in contatto con gente che, stupita, mi ha confidato di non aver mai avvertito stati d’ansia prima di quel momento.

Regola generale: se hai già incontrato l’ansia nella tua vita non significa che devi arrenderti ad uno stato immodificabile nel tempo (al contrario, la resilienza può diventare un fattore protettivo); al contempo, se non hai “mai” sofferto d’ansia non vuol dire essere immune da certi meccanismi.

Alcune volte, l’ansia si manifesta quando si subisce un cambiamento imminente: il contesto o le dinamiche cui eravamo abituati non sono più sinonimo di confort e sicurezza ed è più facile sentirsi vulnerabili, instabili o insicuri. Spesso, si entra in un circuito d’allarme come diretta conseguenza di un effetto domino: tanti condizionamenti conseguenti a tutta una serie di volte in cui abbiamo attribuito significati spaventanti alla situazione target che ci fa paura. Se non si interviene nel fermare questo funzionamento, difficile che si interrompa da solo; al contrario, si rischia di far aumentare a macchia d’olio gli stimoli e i contesti percepiti come potenzialmente pericolosi e di cominciare a mettere in atto, come diretta conseguenza, meccanismi di evitamento che hanno scopo d’adattamento.

Ci sono casi invece, in cui l’ansia può essere generalizzata, ossia presentarsi senza che la persona sia in grado di riconoscerne la provenienza. Quest’ultimi, sono gli stati d’ansia che inquietano maggiormente perché generano una sensazione di pericolo incondizionato che induce il soggetto a pensare che potenzialmente ogni situazione potrebbe essere pericolosa, comportando così un aumento dello stato d’allarme, in quanto non si ha ben chiaro da cosa bisogna “difendersi”. In realtà, anche l’ansia generalizzata ha sempre un ancoraggio che più semplicemente non è più, o non è ancora, accessibile all’individuo consciamente.

Pamela Pipoli, Psicologa Torino